Il problema non è il dolore in sé, a quello purtroppo ci si abitua.
Anche se si fa sempre più fatica a sopportare le crisi, le fitte, i crampi... sai che il male, prima o poi, passa.
Come passano le dita rattrappite, le spalle bloccate, la testa che esplode, gli occhi arrossati, la pancia gonfia.
E, a lungo andare, riesci persino a fingere un po'... a nascondere quella caviglia gonfia, quel mignolo che non sei riuscito ad usare per tutto il giorno.
E lo fai per non far preoccupare le persone che ti sono accanto, per non dar loro più pensieri di quelli che hanno già, per non essere maggiormente un peso.
E lo fai, anche, perché non ti vuoi arrendere, perché ti dici di continuare, di camminare, di vivere.
Il problema è la stanchezza.
Subdola, che ti consuma da dentro, lentamente.
Ti lascia senza nessuna voglia, completamente prosciugato, con le vertigini per lo sforzo immane che fai per salire
le scale, con la fronte fredda, con la paura di addormentarti mentre guidi, o di crollare al lavoro, o mentre mangi,
o durante la passeggiata serale.
Vai a letto con la PAURA di non dormire, di non recuperare energie... e così, puntualmente, non ti addormenti mai perché hai il terrore che qualcosa ti possa svegliare.
Il sonno frammentato è molto peggio del non sonno... le ore scorrono terribilmente confuse... e vedi quell'orologio che hai sul comò scandire l'ennesima notte che ti passa sopra...
Il letto è sudato e cerchi di non far rumore mentre la testa sta urlando.
Svegliarsi ogni 20-30 minuti è simile alla tortura della goccia cinese... alla fine crollerai... lo sai....
E vorresti non farlo pesare agli altri.
E cerchi di non far vedere che hai gli occhi viola, che la mente è confusissima e non ricordi che giorno è.
Il problema è la stanchezza.
Bastarda, che richiede il suo dazio quotidiano ad orari sbagliati.
Dormiresti alle 11, alle 15 alle 16, mentre torni a casa alle 19... ma niente... non puoi... non puoi mai....
E allora continui... provi a stare in piedi, ti appoggi ai muri mentre porti il tuo compagno peloso fuori, hai il timore di non rammentare che giro hai fatto....
E mentre sei li, che ti guardi attorno cercando forza nella quotidianità, non ti accorgi nemmeno che ti sei graffiato una mano o un braccio, o la fronte...
A questo punti cedi, ammetti di non stare più in piedi, di non farcela, di aver bisogno di buttarti a letto per tutto il tempo che il tuo corpo richiede.
Ed è proprio li che ti senti in colpa, inutile per la vita familiare, un ulteriore pensiero da affrontare.
Anche perché le dita rattrappite si vedono... la TUA stanchezza gli altri non possono capirla...
E tutto, così, lentamente ricomincia, inesorabile...
Quando iniziarono a parlarmi della malattia non credevo fosse così assoluta.... dicevo... massì... cosa vuoi che sia in confronto a cose ben peggiori.... e spesso provo a dirmelo anche adesso...
Quasi due anni fa lessi questa frase di un reumatologo sulla Fibro:
La Fibromialgia non toglie un’ora di vita, ma può “avvelenare” ogni ora della vita. La qualità di vita del paziente fibromialgico è peggiore di quella indotta da malattie considerate ben più gravi, quali l’artrosi, le artriti e le connettiviti.La convivenza cronica con dolore e stanchezza induce depressione e assenza di progettualità. A loro volta queste condizioni aggravano la fibromialgia.
Ecco... allora la presi come un'esagerazione... adesso capisco PERFETTAMENTE cosa voleva dire e quanta ragione, purtroppo, avesse.
Vabbè... vado a casa dalle mie donne.....
p.s: scusate lo sfogo...