Leggermente chinato in avanti, guardava: per terra. Studiava l'esatto punto in cui l'onda, dopo essersi rotta una decina di metri più indietro, si allungava divenuta lago, e specchio e macchia d'olio risalendo la delicata china della spiaggia e finalmente si arrestava l'estremo bordo orlato da un delicato perlage per esitare un attimo e alfine, sconfitta, tentare una elegante ritirata lasciandosi scivolare indietro, lungo la via di un ritorno apparentemente facile ma, in realtà, preda destinata alla spugnosa avidità di quella sabbia che, fin lì imbelle, improvvisamente si svegliava e, la breve corsa dell'acqua in rotta, nel nulla svaporava. Bartleboom guardava.
Nel cerchio imperfetto del suo universo ottico la perfezione di quel moto oscillatorio formulava promesse che l'irripetibile unicità di ogni singola onda condannava a non esser mantenute. Non c'era verso di fermare quel continuo avvicendarsi di creazione e distruzione. I suoi occhi cercavano la verità descrivibile e regolamentata di un'immagine certa e completa………. Lì finisce il mare.
Il mare immenso, l'oceano mare, che infinito corre oltre ogni sguardo, l'immane mare onnipotente c'é un luogo dove finisce, e un istante l'immenso mare, un luogo piccolissimo e un istante da nulla… Sapete, é geniale questa cosa che i giorni finiscono. E' un sistema geniale. I giorni e poi le notti. E di nuovo i giorni. Sembra scontato, ma c'é del genio. E là dove la natura decide di collocare i propri limiti, esplode lo spettacolo. I tramonti. Li ho studiati per settimane. Non é facile capire un tramonto. Ha i suoi tempi, le sue misure, i suoi colori. E poiché non c'é un tramonto, dico uno, che sia identico a un altro allora lo scienziato deve saper discernere i particolari e isolare l'essenza fino a poter dire questo é un tramonto, il tramonto…………….
Oceano Mare