Dovrei scrivere un pezzo, sul trekking, per una rivista on line entro le 19.
Ho scritto questo... mi dite se va bene ???
URGENTEEEEEEEEEE !!!!
grassssie
1° Trekking Gucciniano
3-6 Ottobre 2013
Prima c’era il sogno, poi venne l’idea.
Prima c’era la speranza, poi è arrivato il cammino.
Prima c’erano le emozioni di una vita, passata ad ascoltare parole e musiche di un Poeta che cresce con te, poi, lentamente, quelle emozioni sono divenute realtà.
Percorrere quasi 100 km, da QUEL numero 43 a QUELLA porta verde, era un’utopia che faceva tremare le gambe e, se non fosse stato per Luca, tale sarebbe rimasta.
La Dotta Bologna che, con il suo culo sui colli, ci coccola ogni giorno senza mai farci dimenticare le cicatrici che abbiamo anche noi, è il luogo perfetto per partire.
Per lasciarsi alle spalle le preoccupazioni, i pensieri, il lavoro e regolare il proprio respiro soltanto sui tuoi passi e dei tuoi compagni di avventura.
Bologna la rossa e fetale non è mai stata così bella, ai miei occhi, come la mattina del 3 ottobre 2013.
Mentre l’attraversavamo mi calmavo sempre di più e ascoltavo il battito del mio cuore che si accordava, lentamente, con quelle parole che canticchiavo quasi timoroso.
Intorno a me vedevo solo bandane con il numero 43 disegnato sopra e persone che condividevano le stesse sensazioni.
Credo che Condividere sia il termine giusto per descrivere questi incredibili 4 giorni.
Ogni cosa, fra di noi, è stata condivisa senza nessun cenno di malinteso.
La fatica, il sudore, i sorrisi, la nebbia, il vino, le tagliatelle, le foglie cadute, i castagni dell’appennino, il Limentra, il dolore, l’acqua… l’arrivo…
Sembrava che ci muovessimo come un’entità unica, formata da anime incollate insieme da Francesco e dal cammino.
Ognuno di noi sapeva di potersi fidare ciecamente degli altri, anche se la maggioranza non si era mai incontrata prima, di potersi appoggiare per un attimo di riposo o di poter parlare di se stessi senza nessun timore.
Abbiamo ascoltato insieme il silenzio del bosco e in quel silenzio siamo diventati ancora un po’ più adulti.
Come davanti al cimitero di Monte Sole, dove gli occhi si sono inumiditi chiedendosi “come può l’uomo uccidere un suo fratello” e, purtroppo, rimanendo senza risposta e con troppo dolore per poter essere raccontato.
Ma poi arrivi di fronte ad un semplice filo tirato fra due alberi, con appesi tanti fazzoletti con tutti la parola “PACE” disegnata sopra, fatti da bambini che ancora “hanno tutto, o quasi tutto, da sbagliare” e, questa volta, non riesci a trattenere le lacrime.
Rimani un po’ indietro rispetto agli altri, perché vuoi goderti il momento in cui mille tensioni escono fuori e ti fanno sentire finalmente libero e leggero, mentre i passi dei tuoi compagni segnano la strada.
Allora ricominci a respirare, alzi la testa e vedi Fausto che avanza con i suoi bastoni artigianali.
E pensi di essere un uomo fortunato, lì in mezzo ad altri che, come te, riescono ad ascoltare il suono di una foglia che cade.
L’appennino, da attraversare, non concede tregue. E’ un continuo saliscendi che ti spezza le gambe, ma proprio per questo da un’enorme soddisfazione a chi lo affronta. Ti riporta a ritmi più umani, a caminetti accesi ad inizio autunno, a quell’odore di funghi che ti segue anche a casa.
In terra, sui sentieri, ci sono mille impronte di caprioli, tassi, cinghiali e cervi.
Sugli alberi vedi scoiattoli che corrono lungo i rami.
Ed immagini di poter tornare indietro a quando il tempo non correva, ma seguiva le esigenze dell’uomo.
Così come succedeva al Mulino di Chicon, dietro a quella porta verde che è stata la meta del nostro cammino.
Gli asini entravano in casa per scaricare i sacchi di grano ed i pavimenti erano ( e sono ) costituiti da semplici assi di legno con piccole botole che indirizzavano il raccolto verso le macine.
Si cucinava nel caminetto e l’odore del fuoco ti cullava fino a quando non ti addormentavi.
Fuori il Limentra scorreva con più forza di adesso e portava la vita in questo incredibile angolo di mondo.
Immagini di poter rimanere a parlare sottovoce illuminati soltanto dalla cenere che va esaurendosi, con un panno di lana sulle spalle e un bicchiere di vino in mano.
In fondo Francesco ci ha insegnato questo: la semplicità delle emozioni, dell’esplorare i boschi con dietro pentole e salsiccia, la nostalgia e la bellezza del “diventare grandi”, la meraviglia del perdersi dietro a nuvole e poesia.
Sono stati 4 giorni che rimarranno negli occhi e nella mente di tutti noi, ai quali ci aggrapperemo nei momenti più difficili e dei quali saremo per sempre orgogliosi.
Se ci fate caso, amici miei, abbiamo tutti una piccola ruga in più sul viso: quella che si è formata quando il pronipote di “Gucini Chicon” è entrato nella stanza e con la sua presenza ci ha fatto diventare ancora un po’ più adulti.
Come davanti a quelle croci perforate dai proiettili.
Come DENTRO a quel silenzio che ci ha unito più di mille parole.
Adesso la strada è aperta.
Topic: URGENTE !! CONSIGLIO LETTERAR/GIORNALISTIC/GUCCINIAN (Letto 2463 volte)