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Si tratta di un terrier che, ancora cucciolo, ha subito una grave aggressione per territorialità da un cane adulto, che quindi è diventato più insicuro e diffidente e che ha subito un percorso per così dire di “riabilitazione” in un centro che non posso definire cinofilo per il rispetto che ho verso il significato che esprime questa parola (cinofilia= amore per i cani).
I proprietari di questo cane hanno scelto inconsapevoli quel centro anche perché ancor oggi nel nostro Paese non esistono regole e leggi che regolamentino la professione dell’educatore o istruttore cinofilo. E il personaggio a cui si sono rivolti gode addirittura di importanti referenze.
In questo luogo durante le prime tre lezioni il proprietario non è ammesso perché il “cagnaro” in questione (e “cagnaro” è quasi un complimento, credetemi!) sostiene di dover stabilire “la sua leadership sul cane”! Naturalmente niente premi e niente pettorina, ma il devastante collare a strangolo! (Pardon, ora si chiama ipocritamente “a scorrimento” o “salvapelo”).
Dopo svariate lezioni di questo genere, il povero cane - ovviamente - non ha migliorato il suo carattere, anzi, è stato costretto a una condizione di puro terrore, portando il povero animale ad essere protagonista di alcuni episodi di morsicatura in ambito famigliare.
E, per aggiungere incompetenza a incompetenza, il veterinario curante avrebbe sentenziato: “Non ho mai visto un cane cattivo diventare buono, quindi suggerisco l’eutanasia”. Cioè: non si riesce a risolvere il problema nemmeno con le cattive? Facile: ammazziamo il cane!
Sembra un film dell’orrore! È davvero possibile che questo signore che lavora come medico veterinario non abbia mai sentito parlare dei colleghi esperti in comportamento?!
A questo punto, la famiglia, pur di salvare la vita al cane decide purtroppo di riportarlo dal “cagnaro” di cui sopra, il quale proclama: “Evidentemente c’è un problema mentale.” (Ma va?!) “Posso provare con una forte riabilitazione della durata di 10/15 giorni. Naturalmente mi dovete lasciare il cane e in questo periodo non potete venire a vederlo”.
Dopo la “cura” il cane ritorna in famiglia visibilmente denutrito, con chiazze senza pelo sulla testa e con evidenti atteggiamenti di paura, orecchie basse, coda bassa e un abbaio che sembra quasi un rantolo.
Nel leggere questa storia sono rimasto a dir poco mortificato e avvilito. Arrivare a parlare di orientamento cognitivo zooantropologico, di prosocialità, di alterità animale, di veterinari esperti in comportamento e istruttori riabilitatori, in questo caso è perfino eccessivo.
Basterebbe parlare semplicemente di rispetto. Del rispetto verso un altro essere vivente, verso il suo benessere i suoi bisogni, quel rispetto che non c’è stato non solo verso questo povero cane e verso la sua famiglia ma, di più, verso tutti noi.
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Quella che vi ho riferito è una brutta storia che giustamente ci fa arrabbiare e riflettere.
Fortunatamente ora il cane sta meglio: è sicuramente più sereno e ha iniziato un percorso di recupero comportamentale che, speriamo, gli consentirà di raggiungere un felice inserimento nel suo gruppo-famiglia.
Rimane il problema di questo nostro mondo della cinofilia così frammentato e contradditorio. Non basta sventolare “gli anni di esperienza” se in questi anni si sono sempre seguiti solo certi metodi discutibili e superati.
Certo, la professione dell’educatore cinofilo non si improvvisa e l’esperienza è fondamentale, ma - a mio modesto parere - serve anche la volontà di mettersi in discussione, di evolvere, di percorrere strade nuove, di capire sempre meglio il cane e la sua mente, senza la presuntuosa e antropocentrica arroganza di doverlo sottomettere e dominare.
Partiamo dal semplice concetto del suo benessere etologico, dai suoi bisogni. L’educazione sarà la naturale conseguenza della necessità del suo inserimento in famiglia e nella nostra società.
Non dimentichiamoci mai che - quasi sempre - ci si trova di fronte il frutto di una selezione di razza che ha un fine molto diverso da quello del vivere in un caotico contesto urbano come quello attuale: nel ruolo di cane di famiglia oggi troviamo cani da caccia, cani conduttori, cani da guardianìa e così via.
Il fondamentale e delicatissimo compito dell’educatore cinofilo - e più ancora quello dell’istruttore - è di aiutare il cane e la sua famiglia per cercare e conquistare una serena convivenza tra cane ed essere umano. Una convivenza che dev'essere appagante per entrambi.
Guardiamo anche al significato delle parole: le azioni dell' "educare" e dell' "istruire" un essere senziente come il cane rappresentano degli intenti positivi, in grado di favorire una crescita condivisa tra persona e animale. "Addestrare" e "programmare" sono termini che appartengono a un mondo militaresco e dell'automazione, dove si impartiscono ordini e comandi sui quali il destinatario non può esprimere la propria opinione o disappunto.
(Cit.)