Oggi e’ una giornata di quelle. E c’entra poco il momento lavorativo da incubo o i travagliati accadimenti famigliari. Per “quelle” intendo le giornate, o le frazioni delle stesse, dove mi assale una tremenda malinconia e dove sento il bisogno fisico di farmi del male a livello emozionale. Mi diverto poco, e non sorrido molto. Lo so, ormai sono anni che cerco invece la serenita’, la pace. Ed emozioni differenti sono quelle che mi scassano dentro, che mi smuovono. Quelle che avidamente cerco, che mi fanno male. Consapevolmente. Ma mi fan voler bene alla vita. Le emozioni forti come la commozione, si. Ed allora capitano quelle giornate, come oggi, figlie di pensieri e di momenti. Che si sommano per poi esplodere in una ricerca spasmodica di pulsazione cardiaca. Pensieri, e momenti, del quotidiano. Il quotidiano, il mio, che coincide con quello delle mie due figlie con la coda. Accade cosi’ che, osservando chi arrivo’ 4 anni orsono cucciola o carezzando chi si aggiunse due inverni scorsi adulta…pensi al tempo andato. Alle cose, fatte. Alle troppe, altresi’, in sospeso. Alle mille avventure che vorresti fare, che sai non ne farai che un decimo…ad andar di lusso. Pensi, rifletti, su quanto e come sei ormai dipendente dal tuo branco. I ricordi so fanno strada, taluni in maniera violenta. L’uretere ectopico di Kira, le tribolazioni. La paura. Il dolore ancora forte per la perdita di Scott. I suoi ciuffi di pelo nel cassetto di Mary. Preziosi. Intimi. La vita rivoluzionata, gli orari ribaltatati. la Charlie, e con lei i pensieri ed i dubbi. Le sue angosce, il suo dolore. Il suo immenso ed imperscrutabile dolore. La stanchezza, il devasto fisico. Le sventure personali e famigliari che spesso condizionano duramente il quotidiano ed il futuro. Le cose belle ? Tante, tantissime. Infinite. Ma quando ho una di “quelle” giornate….cerco l’emozione diversa, appunto. E cosi’ ti ritrovi a far collegamenti cosmici tra il “poteva esser…” ed il “ “…se andava male”. Un algoritmo esistenziale imperfetto. Complicatissimo. Che porta inevitabilmente a cercar emozioni potentissime e violente. Quasi in maniera febbrile, poi, cerchi notizie. Vai a legger storie. Poesie, o dediche. Laceranti. Devastanti. Bellissime. Perche’ pure. Scevre da condizionamenti etico sociali. Le storie di amore tra Noi e Loro. Un Amore mai tradito, diversamente da quello tra umani. Che e’ impuro. Imperfetto. Anche se fedele o votato o dedicato. ma pur sempre impreciso. Scalfibile. Penetrabile da forse piu’ o meno oscure o, solo e semplicemente, dal proprio egoismo. O egocentrismo. O , peggio, dalla propria superbia.
In queste storie d’amor perfetto, invece, tutto e’ violentemente vomitato fuori in termini di parole, emozioni, immagini. E sensazioni, che come per osmosi diventano tue. Le storie del vivendi e del vissuto, che inguriti e fai tue quasi d’incanto, sovente hanno odore differente. La gioia, la soddisfazione, il senso di completamento. Le prime. Il disincanto, il dolore isopportabile, la nostalgia. Le seconde. E cosi’ come leggo e respiro di amore facendo mie vicende attuali e fluide di chi come me vive con la coda, non posso negare che l’amore piu’ candido e bello lo inalo da chi continua e si ostina in un addio mai detto per intero. Come una perequazione armonica ma al contempo drammaticamente inflessibile ( ed implacabile) , chi tanto o troppo ama, ed ha amato, decisamente alto paga il dazio. La polpa si frantuma e non rimargina ne’ rigenera. Un oblio ed un tormento proporzionali alla grandezza del sentimento provato. E come un vampiro mi nutro avidamente di questo dolore che faccio anche mio, perche’ con personale metro di giudizio taro la caratura morale e spirituale di un umano sulla scala del suo dolore. Non per sadismo o autolesionismo. E nemmeno per un deviato bisogno di strazio. Bensi’ per la necessita’ di conoscere lo strato piu’ profondo dell’intimo di una persona, spoglio da inibizioni dettate dello status sociale. O anche da irrigidimento professionale . Nella nudita’ del dolore, che e’ un sentimento, generato dalla perdita di un amore. Altro sentimento. Li, e forse solamente li in quel luogo torbido e lucente al contempo, appare la grandezza etica e morale di un uomo. Personalmente sono costretto a condividere importanti momenti della mia vita, in special luogo in ufficio, con persone verso le quali mi confronmto con il rispetto dovuto dalle rispettive cariche. Ma con le quali non provo empatia, ne’ sento una qualche vicinanza . tasluni godono di una certa stima, perche’ persone rette e leali. E di rimando mi comporto. Ma nulla piu’. Nel complesso, con la restante gente, vivo lo stesso pathos che mi regalan le piastrelle grigie di un bagno pubblico londinese. Non per superbia, o invidia. Non le provo, anzi forse provo compassione. Beh si’ perche’ viver con la coda mi ha insegnato ad affinar i sensi, oltre che ad usar calibri differenti. Non ho frequentazioni, o solo minime, con chi vive solo su due piedi. Mi sono indifferenti, in maniera totale. Aberro chi invece prova astio o disgusto verso chi reputo miglior compagno di vita. E non perdo occasione per averci scontri, anche feroci.Mai e poi mai potrei viver una vita con una persona che non vive le tate come le vivo io, o che ne stesse anche solo lontana. E' addirittura fuori dal mio comprendonio! Avendo quindi gia’ di mio operato una scrematura non indifferente nei rapporti con la mia specie, analizzo continuativamente chi invece come me vive con la coda. Non spesso, ma capita, ho letto storie felici di vita vivendi. Smascherate poi , in maniera triste, da solerti ed asettici addii quando lo scorrer dell’acqua veniva a cessare. Questo mi ha sempre lasciato attonito, stranito. Perche’ descriversi felici e completi, raccontarsi accuratamente in un dinamismo esistenziale intrigante e passionale, non puo’ improvvisamente smetter di esistere. E stop. Nell’umanesimo la comprensione del circolo della vita va compreso ed accettato. La morte e’ figlia della vita, o viceversa. La legge non scritta, il dogma, e’ che il dolore va’ superato il prima possibile. Con la serenita’ di una accettazione spirituale che e’ molto tantrica. E nella cultura cristiana la rinascita e’ gioia, non dolore. Ecco, questa ultima mia disamina e’ quella che sposo e mi piace, nonostante io sia ( per mia scelta) figlio di una cultura celta che parte dal triskell , scolpisce una croce cristiana con il legno dell’Albero della Vita e termina con le opere di S. Patrizio. Questo mio dualismo cristiano e pagano , se per certi versi complica non poco le mie scelte, per molti altri mi permette una visione d’insieme ed a colori. Fuori dall’ottica viziata dal poliedro sociale. Riesco a capire, ed a provare, lo stesso dolore reale di chi scrive o narra. E il sapore delle lacrime che mi scendono e’ salato. Mentre capisco immediatamente quando la finzione e’ fine a se’ stessa, come nel piu’ mediocre dei teatri ( ed e’ una cosa ancor piu’ triste dell’accettazione silente , asettica ed indolore, della fine del flusso armonico amoroso che ci lega ad un amico con la coda). L’ uomo che soffre , si scanna fuori e dentro, bestemmmia e prega per la sua perdita….e’ portatore nudo del Prezioso tra i preziosi. Come i danteschi Paolo e Francesca, illustrati da Dore’. O ancora, rimanendo sul tosco, come il dolore di un novello Ugolino. Immagini, e frasi, e sospiri forti. Potentissimi. Possono esser gridate. O sussurrate. Posson celar urla di disperazione. Ma anche lacrime dolci, copiose. Mute. Tutto cio’, tutto questo turbine , tutto questo fluido che pompa nei tubi…e’ bellissimo. Violento. Squassante. Oltremodo devastante. Ma bellissimo. E’ l’emozione piu’ forte, che ti mette piu’ a dura prova. E tenace devi restare per non metterti la testa tra le mani, ma solo commuoverti. Piangere. Accettare e capire, come se stessi accettando e capendo cio’ che non ancora tuo sara’ tuo poi. Questa belta’, questa limpidezza di animo e di spirito. Queste unghiate nella schiena, sono quanto ancora di bello la mia specie sa’ darmi. Esistono "sub razze" speciali, ed io cerco quelle. Che mi fanno accettar il destino gia’ stato e quello a venire, e che corre su di un treno per me troppo veloce. O, come dico spesso, sabbia che scorre in clessidre di diversa capienza. Questa giornata, una di “quelle”, probabilmente figlia anche della insofferenza crescende per la mia razza, mi spinge a cercar la cosa che pulsa. Essa non sta dietro ogni doppiopetto o tailleur. Ne’ dentro ogni tuta blu, o scussale da casalinga. Il tamburo silente lo possiediamo tutti, che batte forte a comando. Il timpano che spacca e’ merce di pochi. Le piu’ belle parole di amore, la piu’ grande delle nostalgie, il piu’ acuto dei dolori….lo si puo’ provare solo verso chi ama con amore non umano e non viziato. E berne sorsate, di queste lacrime senza volto, mi disseta l’anima.
Ora io non so perche’ ho scritto, anzi descritto, questo mio stare. Meglio forse dire che l’ho scritto perche’ in autonomia mi si e’ travasato fuori dal dentro. E ho deciso di far tracimare tutto quanto sopra qua, sul forum. Forse perche’ so’, anzi lo so di per certo, che qualcuno puo’ capire benissimo. Che altri, tra noi, hanno necessita’ simili se non eguali. Una fame che ha morsi un po’ sovrapponibili ai miei. Di rimando sono consapevole che puo’ esser letto con interpretazioni soggettive, e ci mancherebbe. Fermamente spero, e lo dico col cuore, che invece in molti siano immuni da questa mia necessita’ e che, anzi, non necessitino di forzar la mano a se’ stessi…per trovar quanto di bell’amore c’e’ ancora nella nostra specie. Ringrazio x la tenacia e la pazienza chi ha letto !